Rassegna Stampa

Gaglianone indaga lo stato d’animo di chi si racconta, di chi davanti alla sua telecamera si è messo a nudo. Un racconto della “terza eta’” universale, che travolge lo spettatore, facendolo entrare in simbiosi con i protagonisti. “Il Tempo Rimasto” diventa un’opera di “ascolto” e di “Immagini” di una generazione che viene troppo spesso trascurata, ma che è la memoria storica di tempi che oggi ci sembrano lontani anni luce, dove la tecnologia era riuscire a riscaldarsi con un fuoco improvvisato in misere luoghi abitativi al limite della sopravvivenza.

Simone Pinchiorri

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Il film è un flusso di coscienza, un riandare con la memoria, in una composizione di primi piani di grande espressività. Prima vengono i sentimenti, le emozioni, poi l’immagine che li racchiude per trattenerli, per far sì che non si cancellino. Gaglianone si accosta con rispetto alle esperienze di chi è in là con gli anni. Ascolta, diventa a sua volta spettatore. Davanti a noi scorre una quotidianità antica, ma sempre centrale. La mente corre ai genitori, alla famiglia, ai luoghi che hanno caratterizzato l’infanzia. E poi arriva il peso degli avvenimenti: il fascismo, la guerra, la durezza dell’occupazione. Il tempo rimasto è un mosaico, un affresco corale, che punta a mantenere viva l’anima del nostro Paese. Ma non si tratta di un meccanico lavoro d’archivio. L’obiettivo è fare tesoro di ciò che è stato, perché ci insegni ad affrontare il futuro. Ed è qui che il progetto scopre la sua necessità.

Gian Luca Pisacane

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Un film audace perché capace di dare voce agli anziani per fargli raccontare la storia della loro gioventù, anche se irrisolta, sghemba, senza via d’uscita, proprio oggi, in un tempo sospeso e fragile, dopo anni di pandemia e crisi della percezione del tempo ma anche in anni storditi e inorriditi dall’immagine stessa della vecchiaia sempre più “sgomberata” dal nostro immaginario. Proprio oggi che sembra diffuso il disinteresse ad ascoltare certe storie, che sembra smarrita la voglia di osservare e andare al di là delle apparenze, Il tempo rimasto rievoca la voglia di capire e di vedere. Fermarsi per andare indietro e avanti.
Matteo Mazza

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Una confessione spontanea, un catalogo collettivo di piccole cose – espressioni, ricordi, fotografie – in via di estinzione. Il passato è rievocato nei suoi aspetti disperati, tristi e a volte dolcissimi, ma nelle voci e negli sguardi di questi uomini e queste donne di un’altra era, si coglie sempre il piacere del ricordo e del racconto.

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Daniele Gaglianone ci accompagna in un viaggio percettivo libero, senza una vera meta a tesi. Osservazione, ascolto, immagine, dettaglio, poesia. Protagonisti del collage che si amplia gradualmente, che prende sostanza e concretezza minuto dopo minuto, che fiorisce come una gemma testimoniale dello spirito e dell’esistenza, sono alcune signore e signori anziani che raccontano stralci della loro vita di bambini, adolescenti, ragazzi del Novecento.

Davide Turrini

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Che cosa sappiamo delle persone anziane, del loro universo emotivo, delle loro ansie? Attorno a questa domanda si muove Il tempo rimasto, nuovo documentario di Daniele Gaglianone. Il film è ancora una volta, come Dove bisogna stare, un viaggio in Italia da Sud a Nord sul filo degli incontri.
Le persone intervistate sono diverse per grado d’istruzione, censo, mestiere svolto ma sono accomunate dal fatto di aver attraversato un lungo tratto di Novecento tra lavoro, affetti, guerra, deportazione, migrazioni, impegno politico, aspirazioni realizzate o frustrate.
Silvia Nugara
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Più che video interviste, quelle di Il tempo rimasto sono veri e propri “ascolti” di persone anziane che ricordano. Ascolti perché viene dato loro il tempo non solo di rievocare e riferire i piccoli e grandi fatti delle proprie vite, ma anche di ripetersi, esplicitare, concedersi le pause scaturite da un’emozione.”
Raffaella Giancristofaro
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Ascolto, incontro, simbiosi, attraversando nostrani luoghi lontani e mai così prossimi, intersecando dialetti diversi, spigolosi, ostici, ma terribilmente chiari, come se la parola in se, non solo arrivi a riconoscere la propria funzione, addirittura sembra tendi a coronare le immagini di un’aura magica […] Sulla soglia del rimorso, del rancore, degli anni duri e difficilmente raccontabili, lacrime e sangue si mescolano con il coraggio e l’ironia, mai dome.
Leonardo Lardieri

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